Bariadi, giorno 1

Sì, lo so che molti amici sanno che sono partita giovedì, ma non mi sono sbagliata: questa è la prima giornata intera che passo nel luogo in cui vivrò i prossimi mesi. E in quanto a stereotipi, molti sono stati confermati: masai, venditori di ogni genere di frutta, bambini che corrono scalzi nel terreno rossiccio (qualcuna direbbe color mattone)… In una mattinata al mercato, sono già riuscita a rendermi ridicola grazie al mio stentatissimo swahili, e da buona bianca illuminare il circondario con il mio pallore. Il resto della giornata, per onorare la domenica, l'ho passato a fare nulla (eddai concedetemelo, ho appena fatto 3 sfiancanti giorni di viaggio). Dopo esperimenti in cucina e di interior designing, all’imbrunire siamo state con Barbara, la mia ancora di salvezza in questo nuovo mondo, a passeggiare nella radura dietro casa. Il tragitto ha avuto un raro retrogusto di campo di reparto: cucine nell’aia e casette in mattoni (avranno la corrente? Di certo, non l’acqua corrente), galline e orti, bambini diretti al fiume con i loro secchi per l’acqua. Durante il nostro vagabondare delle ragazze ci hanno salutato e fatto la domanda fatidica: “cosa fate?”. “Tunatembea” (camminiamo), abbiamo candidamente risposto. “Sì ma camminate dove?”. Ed improvvisamente mi sono sentita Alice con lo Stregatto, sicché non avendo un obiettivo, le abbiamo seguite verso la loro ben più definita meta. Tutti in fila indiana, ci hanno mostrato delle arnie in un boschetto e accompagnato alla pozza in cui, verso l’ora del tramonto, le donne lavavano e prendevano l’acqua (prossimamente vi faccio sapere se sono già riuscita a prendere la malaria). Ahhhh che luogo bucolico, finchè non finisce l’acqua nel serbatoio e si resta con il sapone liquido in mano o va via la luce nel bel mezzo della cena. Karibu Tanzania.



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